giovedì 22 dicembre 2011

TERZE LICEO - L' "immagine di Dio" tra storia, Scrittura Sacra e vita: una riflessione personale...


"<<Non si può rimanere aggrappati alle cose, bisogna lasciarle andare>>. La frase che Jack, protagonista del film 'Viaggio in Inghilterra', dice al piccolo Douglas è tremendamente vera e drammaticamente rivelativa dell'esperienza di fede. La stessa esperienza umana è la continua elaborazione di un lutto... ogni giorno siamo chiamati a passare attraverso delle 'piccole morti'... lasciare il giorno passato perchè dopo la notte inizi un giorno nuovo... abbandonare le proprie paure, le proprie sicurezze, i propri bisogni, a cui continuamente ci aggrappiamo per trovare stabilità, per sentirci in qualche modo protetti... la difficile esperienza dell'amore vive di questa dinamica di 'perdita' e solo in questo modo diviene 'spazio' di libertà... e non è un caso se nell'Evangelo Gesù di Nazaret indica proprio il 'perdere sè stessi' come cifra del 'trovare la vita'...
E proprio perchè la fede non è altra cosa dalla vita, ma di essa e in essa vive, allora essa stessa è essenzialmente 'perdita', 'lutto', 'morte'... per credere, per fidarsi dell'A/altro, è necessario abbandonare la propria immagine che si ha di L/lui, per incontrarlo veramente... anche a costo di 's-contrarsi'... è l'esperienza vissuta dai discepoli dopo la Pasqua... sono dovuti 'passare attraverso' (questo significa il termine 'Pasqua'!) il dolore dell'assenza del loro Maestro per tornare a vivere come persone rinate, capaci ora di portare con le loro vite il fremito e la passione dell'Evangelo...
Ma questo è il 'passaggio' più difficile e più faticoso che ci viene chiesto nell'esistenza... perchè perdere (qualcosa, qualcuno e, addirittura, sè stessi) è molto doloroso... ma non c'è amore autentico senza dolore... e solo così si diventa realmente 'adulti'...
Nella mia fragile esperienza di vita, segnata così spesso da bisogni infantili, da paure, delusioni e ferite che faccio fatica ad accettare, vorrei tanto imparare a compiere questo 'passaggio'... imparare ad 'abitare' le mie sconfitte, le mie perdite, i miei lutti... per perdere quell'egoistico istinto di rimanere aggrappato alle cose, e divenire finalmente libero...
...e capace di amare...

martedì 13 dicembre 2011

SECONDE LICEO - CENTOCHIODI



Trama del film Centochiodi: Un giovane ma già affermato professore dell’Università di Bologna si trova al centro di una difficile indagine. Abbandona tutto e approda sulle rive tranquille del fiume Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria. Intorno a questa nuova dimora si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d’amore tra il professore e gli abitanti del posto. In una sorta di intesa spontanea con l’istante in cui si vivono tutte le possibili realtà.

USCITA CINEMA: 30/03/2007
REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
ATTORI: Raz Degan, Luna Bendandi, Amina Syed, Michele Zattara, Damiano Scaini, Franco Andreani

FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
MONTAGGIO: Paolo Cottignola
MUSICHE: Fabio Vacchi
PRODUZIONE: Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: Mikado Film
PAESE: Italia 2007
GENERE: Drammatico
DURATA: 92 Min
LA VICENDA: Un giovane professore dell'Università di Bologna si trova al centro di una difficile indagine.
Abbandona tutto e approda sulle rive tranquille del fiume Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria
Lì intorno nascono e si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d'amore tra il professore e gli abitanti del posto. In una sorta di intesa spontanea con l'istante in cui si vivono tutte le possibili realtà.
«Racconto la vita di un uomo come noi» ci narra Ermanno Olmi, a proposito di quello che, dice, potrebbe essere il suo ultimo film, che esce il 30 marzo 2007 sugli schermi italiani, e parla di un uomo che, secondo il regista dell'«Albero degli zoccoli» e della «Leggenda del Santo bevitore», potrebbe essere Cristo.
Un giovane ma già affermato professore di filosofia e storia della religione dell'Università di Bologna, interpretato da Raz Degan, svolge le sue ricerche in un'antica biblioteca colma di preziosi manoscritti e testi teologici. Un giorno questi manoscritti vengono trovati sparpagliati per terra, sulle pareti e sui tavoli della biblioteca trafitti da lunghi chiodi: il professore ha abbandonato i suoi studi e se n'è andato.
È partito per ricominciare una nuova vita sulle rive tranquille del Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria. Intorno a questa nuova dimora si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d'amore tra il professore e gli abitanti del posto: barcaioli, contadini, commesse, gente semplice che riconosce in lui, oltre che un amico, una guida.
Olmi ha dichiarato da tempo che questo sarebbe stato il suo ultimo film narrativo e che avrebbe continuato a fare documentari come agli inizi della sua carriera:
«Una scelta presa in serenità, senza motivazioni roboanti né ancor meno con doloroso distacco. Assolutamente non patetico.
Un atto naturale: la conseguenza di una mia trasformazione guadagnata con gli anni vissuti e che ora mi orienta verso altri scopi del vivere, in questo mio prezioso tempo che è l'età avanzata.
Ho passato una vita a raccontare storie con il cinema, ho fatto agire e parlare cose e personaggi secondo la mia immaginazione e la mia volontà. Sempre cercando di essere leale con i miei interlocutori. Un patto che non ho mai tradito, sia quando un film mi veniva bene, sia quando il risultato non era al meglio».

Ma ora, con la consapevolezza di fare il suo ultimo film che dovrebbe riassumere il senso di tutta la sua esistenza, il regista dice di essersi posto la domanda fondamentale:
«Cosa racconto? Di cosa parlo? Soprattutto, di chi parlo?».
E si è chiesto quali siano stati i Grandi della Storia che hanno segnato la sua vita, quelli da additare come esempio assoluto di umanità cui poterci riferire nei momenti bui per trovare sostegno e speranza.
La sua riposta a questa domanda è stata «il Cristo». Il Cristo
«uomo, uno come noi, che possiamo ancora incontrare in un qualsiasi giorno della nostra esistenza: in qualsiasi tempo e luogo. Il Cristo delle strade, non l'idolo degli altari e degli incensi. E neppure quello dei libri, quando libri e altari diventano comoda formalità, ipocrita convenienza o addirittura pretesto di sopraffazione».
Dunque, quel professore di filosofia che lascia tutto e va a vivere come un eremita rappresenta il Cristo o meglio, come ha scritto Claudio Magris dopo aver visto il film, «uno degli uomini (forse anche molti, sconosciuti e ignoti) che possono diventare Cristo... nei quali il sacro si può incarnare come è avvenuto una volta in Galilea».
Insomma il regista, che col senso del sacro ha sempre avuto grande dimestichezza, sembra aver voluto raccontare ancora una volta un Vangelo dell'esistenza quotidiana. Un Vangelo libero dai mille condizionamenti di quei testi che il protagonista del suo ultimo film ha lasciato nella venerabile biblioteca, trafitti da i cento chiodi che danno il titolo all'opera del regista bergamasco.
(cfr. Marco Vitali, 12 marzo 2007, nel sito: http://espresso.repubblica.it/)
 
Alcune frasi dal film:
"La verità è che la religione non salva il mondo. Non ne fa un luogo migliore"
"C'è più verità in una carezza che in tutte le pagine di questi libri"
"Dio non parla coi libri. I libri servono qualsiasi padrone e qualsiasi dio"
"Nel giorno del giudizio sarà Lui [Dio] a dover rendere conto di tutta la sofferenza del mondo"
"Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico"

domenica 4 dicembre 2011

TERZE LICEO - Viaggio in Inghilterra (Shadowlands)


Lo scrittore e docente universitario ad Oxford, Jack S. Lewis, tiene le sue affollatissime lezioni e conferenze con grande successo e distaccata professionalità, circondato dall'ammirazione di studenti e pubblico (in particolare femminile adulto) e dalla stima dei colleghi scapoli come lui. Proprio dall'estero, a interrompere la tranquilla metodicità del suo quotidiano privato, condiviso con l'altrettanto metodico e discreto fratello Warnie, lui pure scapolo, accuditi ambedue da una massiccia e sbrigativa governante, gli arriva la richiesta di un colloquio dalla scrittrice e poetessa americana Joy Gresham. Lewis rimane colpito dalla personalità disinvolta e anticonformista della giovane donna. Quando questa gli chiede un secondo incontro insieme al giovane figlio Douglas che, lettore assiduo dei libri di Lewis per l'infanzia, desidera conoscere l'autore, lo scrittore la invita senz'altro a trascorrere col figlio nella propria abitazione il periodo natalizio. Joy si rivela conoscitrice degli scritti di Lewis, che cita con incredibile naturalezza ma arriva pure a confidargli le proprie disavventure coniugali e il proposito di trasferirsi in Inghilterra, chiedendogli per questo un aiuto rischioso: fingere un matrimonio "tecnico", che le consenta di ottenere la cittadinanza inglese e le agevolazioni che ne conseguono. Non indifferente al fascino e alla penosa situazione di Joy, dopo qualche riflessione, Lewis si presta a tale imbarazzante formalità. Solo quando Joy, presa improvvisamente da un male incurabile, viene ricoverata all'ospedale, Lewis avverte in pieno quanto sia diventata importante per lui e decide di sposarla realmente con rito religioso, all'interno dello stesso ospedale. Durante una breve tregua dell'inesorabile male, i due trascorrono un periodo di intensa e penosa intimità, che trasformerà interiormente il compassato gentleman in un uomo nuovo, aperto alle vibrazioni e alla emozioni della più schietta umanità, sensibile agli altri e ai grandi problemi della vita.
FOTOGRAFIA: Roger Pratt
MONTAGGIO: Lesley Walker
MUSICHE: George Fenton
PRODUZIONE: RICHARD ATTENBOROUGH, BRIAN EASTMAN
DISTRIBUZIONE: LIFE INTERNATIONAL (1994) - BUENA VISTA HOME ENTERTAINMENT
PAESE: Gran Bretagna 1993
GENERE: Commedia, Drammatico
DURATA: 131 Min

SOGGETTO:tratto dal lavoro teatrale di William Nicholson che narra la vera storia d'amore tra lo scrittore Clive Staples Lewis (1898-1963) e la moglie
CRITICA:"Piacciono la ricostruzione dell'ambiente puritano di Oxford, impacciato dalla presenza illecita d'una yankee (dopo le prime nozze segrete, lei dice a lui: 'ci credono non sposati a fare cose depravate e invece siamo sposati e non facciamo niente'), i paesaggi agresti dell'Inghilterra rurale, i toni compressi d'un melodramma perverso che rimuove Eros e adula Tanathos, che scorge nella sofferenza ragione di piacere. Certo il batticuore non s'addice ad Attenborough, la commozione non infrange mai gli argini d'un civile turbamento, lo spettro dell'Ivory-cinema si leva qua e là, ma è pur vero che nei profondi occhi azzurri di Anthony Hopkins turbinano i soliti, viziosi luccichii e che nel portamento austero di Debra Winger si annida il calcolato professionismo dell'attrice di razza." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 7 novembre 1994)"Anthony Hopkins recita il personaggio magnificamente, Debra Winger è più schematica. Per il resto il film patetico e anche tedioso pare una realizzazione di routine di quella convenzione inglese che è ormai quasi un genere: vicende atroci e comportamenti impeccabili, prati verdi, le belle architetture di Oxford e i suoi interni di legno lustro, la campagna coi suoi paesaggi meravigliosi e tristi, le cerimonie scolastiche e religiose, i sardonici professori togati e gli studenti irrigiditi, sentimenti repressi e tazze di tè, bicchieri di cristallo ed esistenze disamorate, quante volte si son visti?" (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 novembre 1994)"Il film segue atmosfere e stati d'animo, si anima con il cambiare delle stagioni, con la pioggia, negli sguardi incerti, desolati, poi increduli e felici del protagonista, un uomo perennemente in ritardo con se stesso ma che fa in tempo a cambiar vita. tutto secondo gli schemi, come si conviene a un regista britannico che non è disponibile a cambiar poetica in omaggio alle mode, mantenendo un diaframma nella trasmissione emotiva delle passioni. Quindi una love story solo per adulti saggi, per cui si invitano le solite signore a preparare i fazzoletti, redatta nelle belle forme calligrafiche del cinema vecchio regime di gran pregio scenografico, dove nessun autore sbaglia ad alzare un sopracciglio." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 7 novembre 1994)

"La sofferenza è ciò che ci spinge fuori dalla stanza dei giochi"
"Pregare non cambia Dio, cambia me"
"Ti sei costruito un mondo in cui nessuno ti può scalfire... i libri non ci fanno mai soffrire"
"Leggiamo per sapere che non siamo soli"... "Si potrebbe anche dire amiamo per sapere che non siamo soli"
"Non si può restare aggrappati alle cose, bisogna lasciarle andare"
"Perchè amare se perdersi fa cos' male? Io non ho più risposte, solo la vita che ho vissuto.
  Due volte in questa vita mi è stato dato di scegliere, da bambino e da adulto. Il bambino sceglie la sicurezza, l'uomo la sofferenza.
  Il dolore di oggi fa parte della felicità di ieri, bisogna accettarlo"


mercoledì 23 novembre 2011

PRIME LICEO - L'Ebraismo

SULL'EBRAISMO COME CONCETTO ETNICO:
Da Dan Cohn-Sherbok e Lavinia Cohn-Sherbok, Breve storia dell'ebraismo, Ed. Il Mulino, Bologna 2001, pag. 7:

  "Una persona è ebrea se di madre ebrea. Pur essendo possibile convertirsi all'ebraismo, l'ebraicità non è innanzi tutto una questione di credo: è del tutto possibile essere un ebreo cristiano o un ebreo musulmano. Il criterio decisivo è la discendenza biologica più che la convinzione religiosa. L'ebraicità passa di madre in figlio attraverso le generazioni e, con poche eccezioni, ebrei si nasce e non si diventa."

SUL SIGNIFICATO DEL GIORNO DI SHABBAT:
Da Daniel Taub, ABC per conoscere l'Ebraismo, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2008, pag. 21-22:

  "La Torah comanda agli Ebrei di non compiere alcun tipo di lavoro durante il giorno di Shabbat, senza però spiegare che cosa essa intende per 'lavoro'. I rabbini, notando che il termine 'lavoro' è usato nella Bibbia per descrivere diverse attività necessarie alla costruzione della 'tenda-tabernacolo' nel deserto, hanno stabilito 39 tipi di attività dalle quali gli Ebrei devono astenersi: queste includono molti lavori poco comuni alla maggior parte degli Ebrei contemporanei come la mietitura, la tintura, la tosatura delle pecore e così via. Oggi le principali attività proibite sono: viaggiare, fare shopping, cucinare e scrivere. Gli Ebrei ortodossi non usano neppure l'elettricità durante il giorno di Shabbat e quindi trascorrono un giorno della settimana senza televisione, telefono o internet. Per gli elettrodomestici di base e l'elettricità, molte famiglie di Ebrei ortodossi hanno installato timer automatici. Ovviamente, queste proibizioni possono, anzi devono, essere violate, se c'è pericolo di vita. A un estraneo, il giorno di Shabbat può apparire come un insieme di proibizioni restrittive, ma quasi tutti gli Ebrei che le osservano insistono nell'affermare che è una delle esperienze più ristoratrici e liberatorie. Il fatto di non lavorare, non rispondere al telefono o alle mail, rende ogni Ebreo libero di concentrarsi sulla propria vita interiore. Il sabato è un giorno dedito alla contemplazione, all'ospitalità degli amici, allo svago con i propri figli. Nella vita moderna è facile dimenticare questi semplici piaceri. Il giorno di Shabbat aiuta i fedeli a riscoprire se stessi, creando quella che il rabbino Abraham Joshua Heschel ha chiamato <<un'isola del tempo>>."

DAL TALMUD:

"State molto attenti a far piangere una donna,
 che poi Dio conta le sue lacrime!
 La donna è uscita dalla costola dell'uomo,
 non dai piedi perchè dovesse essere pestata,
 non dalla testa per essere superiore,
 ma dal fianco per essere uguale...
 un po' più in basso del braccio per essere protetta,
 e dal lato del cuore per essere amata..."

sabato 5 novembre 2011

TERZE LICEO - L' "idiozia" della Croce


Da S. Fausti, L'Idiozia. Debolezza di Dio e salvezza dell'uomo, Ed. Ancora, Milano 1999, pag. 14-15:

  "Paolo parla di un Dio crocifisso, che è stupidità per i sapienti del mondo e debolezza per i pii di ogni religione (cf 1 Cor 1,23). Il paradosso del cristianesimo è non solo proporre un Dio stupido e debole, ma - doppio paradosso - pretendere che la sua stupidità convinca d'insipienza i sapienti e che la sua debolezza distrugga i potenti. Il pensiero stupido e debole è da sempre sua sapienza e forza!
  Partendo dalla croce, il cristianesimo vuol dire qualcosa che salva insieme Dio e l'uomo, sua immagine. La 'parola della croce' rivela un assurdo al quale il nostro orecchio è sordo (ab-surdo), e che mai entrò in cuore d'uomo; ma è proprio quanto Dio nel suo amore ha preparato per noi (cf 1 Cor 2,9).
  Come può un Dio crocifisso offrirci quella vita nuova che cerchiamo? Come può salvare il mondo dal nulla al quale l'ha destinato il sapere e il potere violento dell'uomo...? [...]
  La croce è l'enigma con cui Dio risponde all'enigma dell'uomo. Un Dio crocifisso non corrisponde a nessuna concezione religiosa o atea. E' una rappresentazione 'oscena', fuori della scena del nostro immaginario: è <<la distanza infinita che Dio ha posto tra sè e l'idolo>>"

Da C. Duquoc, Gesù, uomo libero. Lineamenti di cristologia, Ed. Queriniana, Brescia 2007 (quarta edizione), pag. 117-118:

 "Il perdono di Gesù libera dall'odio.
  La parola perdono rischia di introdurre delle immagini che ne snaturano il significato e che limitano il gesto di Gesù. Con questo termine, infatti, non intendo nè la dimenticanza, nè l'indifferenza, nè l'ingenuità. Con la dimenticanza si chiudono gli occhi perchè non si può fare altrimenti e si vuole, soprattutto, stare in pace; la dimenticanza è un gesto di debolezza, il rifiuto dello scontro. L'indifferenza, a sua volta, è una fuga davanti alla realtà. Mancando di convinzioni, ciascuno fa ciò che vuole; in realtà essa significa che non esiste nessun legame concreto, quindi nessuna minaccia precisa. E nemmeno l'ingenuità, pronta a credere tutto e, conseguentemente, a tutto cancellare.
  Il perdono è un gesto pieno di rischi, è il gesto dei forti: è presente dove qualcuno minaccia effettivamente un'altra esistenza... Non è nè la dimenticanza, nè l'indifferenza, nè l'ingenuità. E' un gesto di lucidità... il suo gesto ha come finalità di spezzare l'incantesimo del male, di far saltare la 'chiusura' su se stesso di chi fa il male, di rompere questo cerchio magico in cui nessuna comunicazione reale è possibile. [...] Il perdono è un gesto di libertà... Crea un'altra possibilità, quella della conversione. E' un appello a che il male non abbia l'ultima parola. Il perdono è un gesto creatore: se chi opera il male lo accetta, esso gli riapre in modo positivo le relazioni sociali."

NB. Per un approfondimento filosofico sul tema del "PERDONO" si veda P. Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare. L'enigma del passato, Ed. Il Mulino, Bologna 2004.








venerdì 28 ottobre 2011

TERZE LICEO - La rivelazione del N.T.: Gesù di Nazaret "immagine" (icona) di Dio

"Egli è immagine (eikòn) del Dio invisibile" (Col 1,15)

La libertà del Nazareno:

- Mc 2,23-28 + 3,1-6:
  " 23Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. 24I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». 25Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? 26Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». 27E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! 28Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
  1Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, 2e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. 3Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». 4Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. 5E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. 6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire."

- Mc 5,25-34:
  " 25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male»."

- Mt 4,1-11:
  " 1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano."



 

 

giovedì 20 ottobre 2011

TERZE LICEO - L'esperienza del male: quale "volto" di Dio dopo Auschwitz?

La testimonianza di Elie Wiesel (1928/ premio Nobel per la pace nel 1986) deportato ad Auschwitz e Buchenwald: da Elie Wiesel, La notte, Ed. La Giuntina, Firenze 1980:

"La sera, sdraiati sui nostri giacigli, cercavamo di cantare qualche melodia chassidica, e Akiba Drumer ci spezzava il cuore con la sua voce grave e profonda. Alcuni parlavano di Dio, delle Sue vie misteriose, dei peccati del popolo ebraico e della liberazione futura. Io avevo smesso di pregare. Come capivo Giobbe! Non avevo negato la Sua esistenza, ma dubitavo della Sua giustizia assoluta."  (pag. 49)

"Ho visto altre impiccagioni, ma non ho mai visto un condannato piangere, perché già da molto tempo questi corpi inariditi avevano dimenticato il sapore amaro delle lacrime.
Tranne che una volta. L'Oberkapo del 52° commando dei cavi era un olandese: un gigante di più di due metri. Settecento detenuti lavoravano ai suoi ordini e tutti l'amavano come un fratello. Mai nessuno aveva ricevuto uno schiaffo dalla sua mano, un'ingiuria dalla sua bocca.
Aveva al suo servizio un ragazzino un pipel, come lo chiamavamo noi. Un bambino dal volto fine e bello, incredibile in quel campo.
(A Buna i pipel erano odiati: spesso si mostravano più crudeli degli adulti. Ho visto un giorno uno di loro, di tredici anni, picchiare il padre perché non aveva fatto bene il letto. Mentre il vecchio piangeva sommessamente l'altro urlava: «Se non smetti subito di piangere non ti porterò più il pane. Capito?». Ma il piccolo servitore dell'olandese era adorato da tutti. Aveva il volto di un angelo infelice).
Un giorno la centrale elettrica di Buna saltò. Chiamata sul posto la Gestapo concluse trattarsi di sabotaggio. Si scoprì una traccia: portava al blocco dell'Oberkapo olandese. E lì, dopo una perquisizione, fu trovata una notevole quantità di armi. L'Oberkapo fu arrestato subito. Fu torturato per settimane, ma inutilmente: non fece alcun nome. Venne trasferito ad Auschwitz e di lui non si senti più parlare. Ma il suo piccolo pipel era rimasto nel campo, in prigione. Messo alla tortura restò anche lui muto. Allora le S.S. lo condannarono a morte, insieme a due detenuti presso i quali erano state scoperte altre armi.
Un giorno che tornavamo dal lavoro vedemmo tre forche drizzate sul piazzale dell'appello: tre corvi neri. Appello. Le S.S. intorno a noi con le mitragliatrici puntate: la tradizionale cerimonia. Tre condannati incatenati, e fra loro il piccolo pipel, l'angelo dagli occhi tristi. Le S.S. sembravano più preoccupate. Più inquiete del solito. Impiccare un ragazzo davanti a migliaia di spettatori non era un affare da poco. Il capo del campo lesse il verdetto. Tutti gli occhi erano fissati sul bambino. Era livido, quasi calmo, e si mordeva le labbra. L'ombra della forca lo copriva. Il Lagerkapo si rifiutò questa volta di servire da boia. Tre S.S. lo sostituirono. I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole. I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi.
- Viva la libertà! - gridarono i due adulti.
Il piccolo, lui, taceva.

- Dov'è il Buon Dio? Dov'e? - domandò qualcuno dietro di me.
A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte.
Silenzio assoluto. All'orizzonte il sole tramontava.
Scopritevi! - urlò il capo del campo. La sua voce era rauca. Quanto a noi, noi piangevamo.
- Copritevi!
Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra. Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora...
Più di una mezz'ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti.
Dietro di me udii il solito uomo domandare:
- Dov'è dunque Dio?
E io sentivo in me una voce che gli rispondeva:
- Dov'è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca... Quella sera la zuppa aveva un sapore di cadavere." (pag. 65-67)

Una voce ebraica: Hans Jonas (1903-1993): da Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, Ed. Il melangolo, Genova 1989:

"Dio permise che ciò accadesse. Ma quale Dio poteva permetterlo? [...] per l'ebreo che vede nell'al di qua il luogo della creazione, della giustizia e della salvezza divina, Dio è in modo eminente il signore della storia, e quindi 'Auschwitz', per il credente, rimette in questione il concetto stesso di Dio che la tradizione ha tramandato. [...] Quindi chi non intende rinunciare sic et simpliciter al concetto di Dio... deve pensare questo concetto in modo del tutto nuovo e cercare una nuova risposta all'antico interrogativo di Giobbe. Ove decidesse di farlo, dovrebbe anche lasciar cadere l'antica concezione di Dio signore della storia: perciò, quale Dio ha permesso che ciò accadesse?"  (pag. 22-23)

"Dopo Auschwitz possiamo e dobbiamo affermare con estrema decisione che una Divinità onnipotente o è priva di bontà o è totalmente incomprensibile... Ma se Dio può essere compreso solo in un certo modo e in un certo grado, allora la sua bontà (cui non possiamo rinunciare) non deve escludere l'esistenza del male; e il male c'è solo in quanto Dio non è onnipotente. Solo a questa condizione possiamo affermare che Dio è comprensibile e buono e che nonostante ciò nel mondo c'è il male. [...] Durante gli anni in cui si scatenò la furia di Auschwitz Dio restò muto... non intervenne, non perchè non lo volle, ma perchè non fu in condizione di farlo"  (pag. 34-35)

Una voce cristiana: Jurgen Moltmann (1926): da Jurgen Moltmann, Il Dio Crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e critica della teologia cristiana, Ed. Queriniana, Brescia 2002 (quinta edizione), pag. 326:

"Una <<teologia dopo Auschwitz>> può apparire impossibile o suonare blasfema a coloro che si accontentano del teismo o delle credenze della loro infanzia, o che hanno perso la fede. [...] Ma rimaniamo nel concreto e pensiamo ai martiri. A proposito di queste persone, di queste mute vittime, possiamo dire in senso realmente figurato che Dio stesso pende dalla forca. E se lo affermiamo con serietà, dovremo anche aggiungere che, come la croce di Cristo, così anche il lager di Auschwitz si trova in Dio stesso, è stato cioè assunto nel dolore del Padre, nella consegna del Figlio e nella forza dello Spirito. [...]
Dio in Auschwitz e Auschwitz in Dio: è questo il fondamento di una sperianza reale, che abbraccia la realtà del mondo e su di essa trionfa, ed è anche la ragione di un amore che è più forte della morte"


lunedì 17 ottobre 2011

PRIME LICEO - Mary di Abel Ferrara (2005)

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Cast: Juliette Binoche, Matthew Modine, Forest Whitaker, Kate Conner, Marion Cotillard, Ettore D'Alessandro, Stefania Rocca, Elio Germano
Produzione: Roberto De Nigris, Thierry Klemniuk, Fernando Sulichin
Distribuzione: Mikado
Data di uscita: Venezia 2005
18 Novembre 2005 (cinema)

Trama:
Tony Childress (Matthew Modine), regista indipendente, interpreta il ruolo di Cristo nel suo nuovo film This is my Blood. Al termine delle riprese, l’attrice Marie Palesi (Juliette Binoche), interprete del ruolo di Maria Maddalena, anziché rientrare con Tony a New York parte alla volta di Gerusalemme per continuare il viaggio spirituale cominciato con la sua interpretazione nel film. Camminerà lungo la Via Dolorosa, entrerà nel Santo Sepolcro dove bacerà la Pietra Depositale. Un anno dopo a Manhattan, il giornalista Ted Younger (Forest Whitaker), conduce una personale inchiesta sulla vita di Gesù per un popolare show: si ritroverà spiritualmente spiazzato e in crisi con la moglie


primo piano
Ferrara affronta la fede con la semplicità e la fluidità di chi ha imparato, finalmente, a parlare perfettamente la lingua del cuore, quella del cervello e quella dello stomaco
Davide Morena     * * * * -

Atteso, attesissimo nuovo film di Abel Ferrara, al lavoro sul più sacro dei temi: la religione. C'erano tutte le premesse per uno scandalo, e il timore che uno tra i massimi talenti degli ultimi venti anni rimanesse tale, e non sublimasse mai in indiscutibile personalità intellettuale del nostro tempo. Cosa che invece è fatalmente accaduta. Ferrara non è più il "bad boy" dei narcotraffici e dei tenenti corrotti, è cresciuto, ma non si è addolcito. E oggi è un "bad man", che maneggia la macchina da presa come la forchetta (perché sia chiaro che il film è tecnicamente squisito) e si permette il lusso di prendere la parola senza neanche alzare la mano.
Che un film che parla di Gesù sia destinato ad attirarsi critiche feroci da ogni dove, ci pensa lo stesso Ferrara a chiarirlo per bocca del suo alter ego nel film, Matthew Modine, che veste i panni di un regista che ha appena ultimato un film proprio sulla vita di Gesù e si appresta a presentarlo nell'ultima puntata di uno show sullo stesso argomento. Ma Ted Younger (un immenso Forest Whiteaker), l'anchorman di successo che lo conduce, vuole scavare a fondo sia per motivi professionali, che per una tragedia che sta vivendo in famiglia: perciò si batte per un intervento nello show anche di Marie Palesi, che dopo aver interpretato Maria Maddalena nel film, preda di una crisi mistica, è fuggita a Gerusalemme.
Destinato agli anatemi, dicevamo, eppure sostenuto da una franchigia che difficilmente potrà essergli negata: la franchigia del grande autore, che dice ciò che dice per nessun altro fine se non la necessità di farlo. Questo uno dei binari di Mary: Ferrara/Modine rivendica il diritto di dire la sua anche su Dio, soprattutto su Dio, senza per questo mettere in dubbio che sia buono o cattivo, ma semplicemente tenendosi alle parole di San Tommaso, e cioè che c'è luce divina in ognuno di noi, e ciò ci rende partecipi, tutti, della divinità. Ed ecco la necessità di rivedere il ruolo di Maria Maddalena tra i seguaci di Gesù, se tante, troppe prove dicono che ella fosse più che una prostituta "redenta", se non l'apostolo più prossimo a Gesù assieme a Pietro.
Corre parallelo l'altro binario, quello della dimensione più intima e personale della fede, che è un rifugio dal male del mondo (la scena di Ted al telefono che chiede perdono alla moglie, con alle sue spalle un monitor dove scorrono le scene di un attentato palestinese, è folgorante) e che può divenire il faro della nostra vita anche quando non lo abbiamo tenuto in conto.
Tutto narrato con la semplicità e la fluidità di chi ha imparato, finalmente, a parlare perfettamente la lingua del cuore, quella del cervello e quella dello stomaco.
Non c'è spazio né opportunità di analizzare tali temi nel dettaglio in questa sede, ma il giudizio su questo film può essere espresso senza indugi, sebbene vada necessariamente sdoppiato: sul fronte morale, su ciò che Abel Ferrara dice di sé, di Dio e del mondo, il giudizio è sospeso; ma se ancora crediamo che i film siano anche opere d'arte, capaci di scaraventarci di fronte a noi stessi e a ciò in cui crediamo, allora Mary è un capolavoro. Inevitabile e doloroso come ogni capolavoro deve essere.

SECONDE LICEO - L'eucaristia: percorso storico e questioni teologiche

L'ORIGINE STORICA: Lc 22,14-20

14 Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16 poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17 E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi, 18 poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio». 19 Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20 Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
SUL CONCETTO DI "MEMORIALE": Es 12,1-14
1 Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: 2 «Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. 3 Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. 4 Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. 5 Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre 6 e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. 7 Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. 8 In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. 9 Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. 10 Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. 11 Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la pasqua del Signore! 12 In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! 13 Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto. 14 Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne.

SUL CONCETTO DI "TRANSUSTANZIAZIONE": dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica del 2005 (Libreria Editrice Vaticana), pag. 82-83:

"Che cosa significa transustanziazione?
  Transustanziazione significa la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione si attua nella preghiera eucaristica, mediante l'efficacia della parola di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo. Tuttavia, le caratteristiche sensibili del pane e del vino, cioè le <<specie eucaristiche>>, rimangono inalterate."

SULLE CONDIZIONI PER RICEVERE LA COMUNIONE: dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica del 2005 (Libreria Editrice Vaticana), pag. 83-84:

"Che cosa si richiede per ricevere la santa Comunione?
  Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione."




giovedì 13 ottobre 2011

SECONDE LICEO - Il battesimo: percorso storico e questioni teologiche

Dal documento della COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE del 2007 "La speranza  della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo" (Libreria Editrice Vaticana), pag. 3-4:

         "E' noto che l'insegnamento tradizionale ricorreva alla teoria del limbo, inteso come stato in cui le anime dei bambini che muoiono senza Battesimo non meritano il premio della visione beatifica, a causa del peccato originale, ma non subiscono nessuna punizione, poichè non hanno commesso peccati personali. Questa teoria, elaborata da teologi a partire dal Medioevo, non è mai entrata nelle definizioni dogmatiche del Magistero, anche se lo stesso Magistero l'ha menzionata nel suo insegnamento fino al Concilio Vaticano II. Essa rimane quindi un'ipotesi teologica possibile. Tuttavia nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) la teoria del limbo non viene menzionata, ed è invece insegnato che, quanto ai bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito specifico dei funerali per loro."

Dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica del 2005 (Libreria Editrice Vaticana), pag. 79:

"Si può essere salvati senza Battesimo?
 Poichè Cristo è morto per la salvezza di tutti, possono essere salvati anche senza Battesimo quanti muoiono a causa della fede (Battesimo di sangue), i catecumeni, e anche tutti coloro che sotto l'impulso della grazia, senza conoscere Cristo e la Chiesa, cercano sinceramente Dio e si sforzano di compiere la sua volontà (Battesimo di desiderio). Quanto ai bimbi morti senza Battesimo, la Chiesa nella sua liturgia li affida alla misericordia di Dio."
        

venerdì 7 ottobre 2011

TERZE LICEO - L'enigma di Giobbe: Dio e l'uomo in discussione

Soren Kierkegaard nella Ripresa scrive così a proposito del libro di Giobbe:

"Se io non avessi Giobbe! Non posso spiegarvi minutamente e sottilmente quale significato e quanti significati abbia per me. Io non lo leggo con gli occhi come si legge un altro libro, me lo metto per così dire sul cuore e in uno stato di chiaroveggenza interpreto i singoli passi nella maniera più diversa. Come il bambino che mette il libro sotto il cuscino per essere certo di non aver dimenticato la lezione quando al mattino si sveglia, così la notte mi porto a letto il libro di Giobbe. Ogni sua parola è cibo, vestimento e balsamo per la mia povera anima. Ora svegliandomi dal mio letargo la sua parola mi desta a una novella inquietudine, ora placa la sterile furia che è in me, ora mette fine a quel che di atroce vi è nei muti spasimi della passione."

mercoledì 28 settembre 2011

TERZE LICEO - La teoria della proiezione di Feuerbach: necessità di un confronto critico

PRIMO TESTO: da Ludwig Feuerbach, L'essenza del cristianesimo, Ed. Feltrinelli, Milano 2010 (terza edizione), pag. 55:

"Nella religione l'uomo opera una frattura nel proprio essere, scinde sè da sè stesso ponendo di fronte a sè Dio come un essere antitetico. Nulla è Dio di ciò che è l'uomo, nulla è l'uomo di ciò che è Dio. Dio è l'essere infinito, l'uomo l'essere finito; Dio perfetto, l'uomo imperfetto; Dio eterno, l'uomo perituro; Dio onnipotente, l'uomo impotente; Dio santo, l'uomo peccatore. Dio e l'uomo sono due estremi: Dio il polo positivo, assomma in sè tutto ciò che è reale, l'uomo il polo negativo, tutto ciò che è nullo."

SECONDO TESTO: dalle Lezioni sull'essenza della religione tenute da Ludwig Feuerbach a Heidelberg nel 1848-1849:

"Lo scopo dei miei scritti, come pure delle mie lezioni, è questo: trasformare gli uomini da teologi in antropologi, da teofili in filantropi, da candidati dell'aldilà in studenti dell'aldiquà, da camerieri religiosi e politici della monarchia e aristocrazia celeste e terrestre in autocoscienti cittadini della terra."

martedì 27 settembre 2011

PRIME LICEO - La fede


PRIMO TESTOda una lettera di Madre Teresa di Calcutta (3 luglio 1959) in Madre Teresa, Sii la mia luce, Ed. Rizzoli, Milano 2007, pag. 194-195:

"Nell'oscurità...
   Signore, mio Dio, chi sono io perchè Tu mi abbandoni? La figlia del Tuo amore, e ora diventata come la più odiata, quella che hai gettato via come non voluta e non amata. Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio... e non c'è nessuno a rispondere, nessuno a cui mi possa aggrappare, no, nessuno. Sono sola. L'oscurità è così fitta e io sono sola, non voluta, abbandonata. La solitudine del cuore che vuole amore è insopportabile. Dov'è la mia fede? Anche nel profondo, dentro, non c'è nulla se non vuoto e oscurità. Mio Dio, quanto è dolorosa questa sofferenza sconosciuta. Fa soffrire senza tregua. Non ho fede. Non oso pronunciare le parole e i pensieri che si affollano nel mio cuore e mi fanno soffrire un'indicibile agonia. Così tante domande ancora senza risposta vivono dentro di me. Temo di svelarle, per paura della bestemmia. Se c'è Dio, per favore mi perdoni, confido che tutto finirà in Cielo con Gesù"

SECONDO TESTO - Lorenzo Jovanotti Cherubini, Mi fido di te, dall'album "Buon Sangue" (2005):

Case di pane, riunioni di rane 
vecchie che ballano nelle cadillac 
muscoli d'oro, corone d'alloro 
canzoni d'amore per bimbi col frack 
musica seria, luce che varia 
pioggia che cade, vita che scorre 
cani randagi, cammelli e re magi 

RIT: 
forse fa male eppure mi va 
di stare collegato 
di vivere di un fiato 
di stendermi sopra al burrone 
di guardare giù 
la vertigine non è 
paura di cadere 
ma voglia di volare 

mi fido di te {x4} 
io mi fido di te 
ehi mi fido di te 
cosa sei disposto a perdere 

Lampi di luce, al collo una croce 
la dea dell'amore si muove nei jeans 
culi e catene, assassini per bene 
la radio si accende su un pezzo funky 
teste fasciate, ferite curate 
l'affitto del sole si paga in anticipo prego 
arcobaleno, più per meno meno 

RIT 

mi fido di te {x3} 
cosa sei disposto a perdere 
mi fido di te {x2} 
io mi fido di te 
cosa sei disposto a perdere 

rabbia stupore la parte l'attore 
dottore che sintomi ha la felicità 
evoluzione il cielo in prigione 
questa non è un'esercitazione 
forza e coraggio 
la sete il miraggio 
la luna nell'altra metà 
lupi in agguato il peggio è passato 

RIT 

mi fido di te {x3} 
cosa sei disposto a perdere 
eh mi fido di te 
mi fido di te {x3} 
cosa sei disposto a perdere

sabato 24 settembre 2011

SECONDE LICEO - I sacramenti: che cosa sono?

PRIMO TESTO: da Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Ed. Bompiani, Milano 1999, pag. 96-98:

"La volpe soggiunse: « Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto ».
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
«Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente», disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo». E le rose erano a disagio. «Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa ». E ritornò dalla volpe.
«Addio», disse.
«Addio», disse la volpe. «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi».
«L'essenziale è invisibile agli occhi», ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
«È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi importante».
«È il tempo che ho perduto per la mia rosa...» sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
«Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...»
«Io sono responsabile della mia rosa...» ripetè il piccolo principe per ricordarselo."


SECONDO TESTO: dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) n°1131:

"I sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina."


mercoledì 21 settembre 2011

TERZE LICEO - L'immagine di Dio: una questione cruciale

PRIMO TESTO: da C.S. Lewis, Diario di un dolore, Ed. Adelphi, Milano 1990, pag. 36-37:

"Ho molta più paura che siamo in realtà topi in trappola. O peggio: topi di laboratorio. Qualcuno, mi pare, ha detto: <<Dio geometrizza sempre>>. E se la verità fosse: <<Dio viviseziona sempre>>? Prima o poi dovrò affrontare la domanda in parole povere. A parte i nostri disperati desideri, che ragione abbiamo per credere che Dio, qualunque metro di giudizio possiamo immaginare, sia 'buono'? Tutte le prove manifeste non indicano esattamente il contrario? Che cosa abbiamo da opporre?  [...]  Queste righe le ho scritte ieri sera. Più che un pensiero, è stato un urlo. Riproviamo. E' razionale credere in un Dio cattivo? O comunque, in un Dio tanto cattivo? Il Sadico Cosmico, l'idiota malevolo?"

SECONDO TESTO: da Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa. Lettere dal carcere, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, pag. 350-351 e pag. 382-383:

"Le persone religiose parlano di Dio quando la conoscenza umana è arrivata alla fine o quando le forze umane vengono a mancare - e in effetti quello che chiamiamo in campo è sempre il 'deus ex machina', come soluzione fittizia a problemi insolubili, oppure come forza davanti al fallimento umano; sempre dunque sfruttando la debolezza umana o di fronte ai limiti umani; [...] mi sembra sempre come se volessimo soltanto timorosamente salvare un po' di spazio per Dio; - io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro."
(Lettera del 30 aprile 1944)
"Non dobbiamo attribuire a Dio il ruolo di tappabuchi nei confronti dell'incompletezza delle nostre conoscenze; [...] Dio non è un tappabuchi; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita."
(Lettera del 29 maggio 1944)

martedì 20 settembre 2011

PRIME LICEO - L'uomo alla ricerca di Dio



PRIMO TESTO: da Bruno Forte, Confessio theologi. Ai filosofi, Ed. Cronopio, Napoli 2002 (II edizione), pag. 10-12:

 "Anche per un altro motivo, però, l'altro è l'altra parte di me, che credo. Non solo perchè, come teologo, non ho la parola compiuta, esaustiva su tutto, ma anche perchè l'altro, il cosiddetto 'ateo', quando è veramente e fino in fondo tale, quando lo è cioè non per una semplice qualificazione esteriore, ma per le sofferenze di una vita che lotta con Dio senza riuscire a credere in Lui, vive in una medesima condizione di ricerca e di infinito dolore. La non credenza non è la facile avventura di un rifiuto, che nulla cambi del cuore di chi lo viva. La non credenza è passione, è sofferenza, è militanza di una vita che paga di persona l'amaro coraggio di non credere. Lo mostra il celebre aforisma 125 della Gaia Scienza, dove Nietzsche racconta dell'uomo folle che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: <<Cerco Dio! Cerco Dio!>>. E poichè proprio là si trovavano molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. <<Si è forse perduto?>> disse uno. <<Si è smarrito come un bambino?>> fece un altro. <<Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? E' emigrato?>> gridavano e ridevano in una gran confusione. L'uomo folle balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: <<Dove se n'è andato Dio?>> gridò <<ve lo voglio dire! L'abbiamo ucciso - voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini!>>. Ed è così che il folle uomo pronuncia le parole, che segnano il destino di un'epoca: <<Dio è morto... e noi lo abbiamo ucciso!>>. Ma al tempo stesso denuncia la verità del dolore infinito di non credere, il senso di abbandono, di orfananza, che ne consegue: <<Non è il nostro un eterno precipitare?... Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere le lanterne la mattina?>>. Quale pagina meglio di questa potrebbe mostrare come il non credere sia indissociabile dall'infinito dolore dell'assenza, dal senso di orfananza e d'abbandono, quale solo la morte di Dio può creare nel cuore dell'uomo, nella storia del mondo? Il non credente, come il credente, è un uomo che lotta con Dio."

SECONDO TESTO: da Duccio Demetrio, La religiosità degli increduli. Per incontrare i <<gentili>>, Ed. Messaggero, Padova 2011, pag. 146-147:

 "Più volte ho cercato di lasciare aperta la mia porta, o almeno ho creduto di provarci. Nel migliore dei modi, facendo spazio all'incomprensibile. Ma Dio, colui che avrei voluto incontrare e riconoscere come tale, si è fino a oggi avvicinato alla soglia, questo sì, senza varcarla. Vivo Dio solamente come un problema insoluto, che non voglio, nè ho voluto mai districare. Non per pigrizia, nè per timore: perchè mi piace aspettare ancora in quel cortile. Alieno da ogni definitiva negazione e refrattario a cedimenti mistici, mi fa compagnia questo Ospite possibile: discreto e titubante, talvolta allarmante. A tratti loquace, più spesso silenzioso. Chi è in attesa? Lui o io? Qualche volta - spiandolo da una fessura - mi appare decisamente confuso, dinanzi all'immenso dolore e al male del mondo. E' in questi momenti che lo percepisco più accanto alla mia angoscia d'uomo"