domenica 4 dicembre 2011

TERZE LICEO - Viaggio in Inghilterra (Shadowlands)


Lo scrittore e docente universitario ad Oxford, Jack S. Lewis, tiene le sue affollatissime lezioni e conferenze con grande successo e distaccata professionalità, circondato dall'ammirazione di studenti e pubblico (in particolare femminile adulto) e dalla stima dei colleghi scapoli come lui. Proprio dall'estero, a interrompere la tranquilla metodicità del suo quotidiano privato, condiviso con l'altrettanto metodico e discreto fratello Warnie, lui pure scapolo, accuditi ambedue da una massiccia e sbrigativa governante, gli arriva la richiesta di un colloquio dalla scrittrice e poetessa americana Joy Gresham. Lewis rimane colpito dalla personalità disinvolta e anticonformista della giovane donna. Quando questa gli chiede un secondo incontro insieme al giovane figlio Douglas che, lettore assiduo dei libri di Lewis per l'infanzia, desidera conoscere l'autore, lo scrittore la invita senz'altro a trascorrere col figlio nella propria abitazione il periodo natalizio. Joy si rivela conoscitrice degli scritti di Lewis, che cita con incredibile naturalezza ma arriva pure a confidargli le proprie disavventure coniugali e il proposito di trasferirsi in Inghilterra, chiedendogli per questo un aiuto rischioso: fingere un matrimonio "tecnico", che le consenta di ottenere la cittadinanza inglese e le agevolazioni che ne conseguono. Non indifferente al fascino e alla penosa situazione di Joy, dopo qualche riflessione, Lewis si presta a tale imbarazzante formalità. Solo quando Joy, presa improvvisamente da un male incurabile, viene ricoverata all'ospedale, Lewis avverte in pieno quanto sia diventata importante per lui e decide di sposarla realmente con rito religioso, all'interno dello stesso ospedale. Durante una breve tregua dell'inesorabile male, i due trascorrono un periodo di intensa e penosa intimità, che trasformerà interiormente il compassato gentleman in un uomo nuovo, aperto alle vibrazioni e alla emozioni della più schietta umanità, sensibile agli altri e ai grandi problemi della vita.
FOTOGRAFIA: Roger Pratt
MONTAGGIO: Lesley Walker
MUSICHE: George Fenton
PRODUZIONE: RICHARD ATTENBOROUGH, BRIAN EASTMAN
DISTRIBUZIONE: LIFE INTERNATIONAL (1994) - BUENA VISTA HOME ENTERTAINMENT
PAESE: Gran Bretagna 1993
GENERE: Commedia, Drammatico
DURATA: 131 Min

SOGGETTO:tratto dal lavoro teatrale di William Nicholson che narra la vera storia d'amore tra lo scrittore Clive Staples Lewis (1898-1963) e la moglie
CRITICA:"Piacciono la ricostruzione dell'ambiente puritano di Oxford, impacciato dalla presenza illecita d'una yankee (dopo le prime nozze segrete, lei dice a lui: 'ci credono non sposati a fare cose depravate e invece siamo sposati e non facciamo niente'), i paesaggi agresti dell'Inghilterra rurale, i toni compressi d'un melodramma perverso che rimuove Eros e adula Tanathos, che scorge nella sofferenza ragione di piacere. Certo il batticuore non s'addice ad Attenborough, la commozione non infrange mai gli argini d'un civile turbamento, lo spettro dell'Ivory-cinema si leva qua e là, ma è pur vero che nei profondi occhi azzurri di Anthony Hopkins turbinano i soliti, viziosi luccichii e che nel portamento austero di Debra Winger si annida il calcolato professionismo dell'attrice di razza." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 7 novembre 1994)"Anthony Hopkins recita il personaggio magnificamente, Debra Winger è più schematica. Per il resto il film patetico e anche tedioso pare una realizzazione di routine di quella convenzione inglese che è ormai quasi un genere: vicende atroci e comportamenti impeccabili, prati verdi, le belle architetture di Oxford e i suoi interni di legno lustro, la campagna coi suoi paesaggi meravigliosi e tristi, le cerimonie scolastiche e religiose, i sardonici professori togati e gli studenti irrigiditi, sentimenti repressi e tazze di tè, bicchieri di cristallo ed esistenze disamorate, quante volte si son visti?" (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 novembre 1994)"Il film segue atmosfere e stati d'animo, si anima con il cambiare delle stagioni, con la pioggia, negli sguardi incerti, desolati, poi increduli e felici del protagonista, un uomo perennemente in ritardo con se stesso ma che fa in tempo a cambiar vita. tutto secondo gli schemi, come si conviene a un regista britannico che non è disponibile a cambiar poetica in omaggio alle mode, mantenendo un diaframma nella trasmissione emotiva delle passioni. Quindi una love story solo per adulti saggi, per cui si invitano le solite signore a preparare i fazzoletti, redatta nelle belle forme calligrafiche del cinema vecchio regime di gran pregio scenografico, dove nessun autore sbaglia ad alzare un sopracciglio." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 7 novembre 1994)

"La sofferenza è ciò che ci spinge fuori dalla stanza dei giochi"
"Pregare non cambia Dio, cambia me"
"Ti sei costruito un mondo in cui nessuno ti può scalfire... i libri non ci fanno mai soffrire"
"Leggiamo per sapere che non siamo soli"... "Si potrebbe anche dire amiamo per sapere che non siamo soli"
"Non si può restare aggrappati alle cose, bisogna lasciarle andare"
"Perchè amare se perdersi fa cos' male? Io non ho più risposte, solo la vita che ho vissuto.
  Due volte in questa vita mi è stato dato di scegliere, da bambino e da adulto. Il bambino sceglie la sicurezza, l'uomo la sofferenza.
  Il dolore di oggi fa parte della felicità di ieri, bisogna accettarlo"


3 commenti:

  1. "La vita dell'uomo è paragonabile ad una statua. I colpi di scalpello le provocano grandi dolori, ma solo così l'artista può renderla perfetta."
    Salve professore ,
    questa frase che pronuncia il protagonista in un colloquio da una parte mi ha molto colpito dall'altra mi ha lasciato perplessa.Come fa il dolore a renderci perfetti ? Come può Auschwitz o qualsiasi altra tragedia migliorare l'uomo? E Dio in tutto questo non agisce per tutelare la nostra libertà, dunque le sofferenze umane hanno meno peso rispetto alla libertà?
    Di fronte a omicidi di innocenti violenze e soprusi la libertà vale comunque di più?

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  2. Ciao Sofi,
    riguardo alla frase che pronuncia il protagonista del film (Jack) durante le sue conferenze non posso che condividere le tue perplessità... di fronte ad un Dio che manda la sofferenza all'uomo per renderlo perfetto mi viene spontaneo dire che è meglio rimanere imperfetti piuttosto che credere in un Dio simile... ma questa era l'immagine di Dio che il protagonista aveva nella sua mente prima di passare attraverso l'esperienza della sofferenza e della morte della moglie... dopo quell'esperienza questa immagine di Dio va totalmente in frantumi... la fede di Jack va in crisi, ma solo in questo modo è una fede che non resta più un'idea astratta, ma una fede che diventa concreta e 'adulta'...
    Nella mia esperienza di vita e di fede io ritengo che la sofferenza non sia qualcosa che Dio ci manda, ma la sofferenza fa parte della vita inevitabilmente... l'amore stesso è inscindibile dalla sofferenza... chi ama in modo vero prima o poi soffre... e questo bisogna accettarlo... Dio non interviene nella nostra sofferenza (così come non è intervenuto a salvare il proprio Figlio dalla morte in croce), ma la condivide con noi, soffre accanto a noi... perchè se lui intervenisse allora ci toglierebbe il bene più prezioso, la libertà... la libertà è talmente preziosa che Dio l'ha consegnata totalmente nelle mani dell'uomo... il male (e con esso le sofferenze dovute alla violenza) nasce dal fatto che l'uomo non sa gestire questa sua libertà... questo è il compito più importante che abbiamo nella vita, che siamo credenti o no: imparare a gestire la nostra libertà per diventare autenticamente uomini e donne... e per fare questo dobbiamo accettare di rischiare tutto, a costo anche di soffrire... certo il prezzo da pagare è alto, ma non c'è cosa più bella di diventare liberi!!!

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    1. Buonasera Professore, ho iniziato solo ora a leggere i post sul suo blog ma di sicuro continuerò per tutto l'anno.. Riguardo a quello che risponde a Sofia, capisco che Dio non voglia intervenire per salvaguardare la libertà dell'uomo quindi le sofferenze che tutti incontreremo nella vita sono diciamo, un prezzo da pagare per la nostra libertà. Ma ho una domanda: quando la libertà non riguarda più noi direttamente ma le persone che ci circondano? Nel senso, se la libertà è considerato il bene più importante, dove va a finire la libertà delle persone che vengono uccise ingiustamente, non hanno anche loro diritto alla libertà di vivere? Io intendo libertà anche come diritto di vivere in modo dignitoso, non solo sopravvivere, diritto di esprimere sè stessi e la propria natura senza ledere quella di un altro. Quindi è chiaro che molte persone non possono essere considerate libere. Dio non interviene neanche per difendere la libertà dell'uomo? So che questo provocherebbe la perdita di libertà di coloro che scelgono si privare gli altri della propria. Però questo intervento sarebbe una sorta di giustizia. Faccio un esempio: Se uno si ubriaca e uccide in macchina una famiglia, priva queste persone della propria libertà, giusto? Quindi non sembrerebbe ''giusto'' un intervento di Dio in favore di queste persone che muoiono per colpa di una persona che non sa gestire la propria libertà?......
      Grazie
      Livia

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