giovedì 22 dicembre 2011

TERZE LICEO - L' "immagine di Dio" tra storia, Scrittura Sacra e vita: una riflessione personale...


"<<Non si può rimanere aggrappati alle cose, bisogna lasciarle andare>>. La frase che Jack, protagonista del film 'Viaggio in Inghilterra', dice al piccolo Douglas è tremendamente vera e drammaticamente rivelativa dell'esperienza di fede. La stessa esperienza umana è la continua elaborazione di un lutto... ogni giorno siamo chiamati a passare attraverso delle 'piccole morti'... lasciare il giorno passato perchè dopo la notte inizi un giorno nuovo... abbandonare le proprie paure, le proprie sicurezze, i propri bisogni, a cui continuamente ci aggrappiamo per trovare stabilità, per sentirci in qualche modo protetti... la difficile esperienza dell'amore vive di questa dinamica di 'perdita' e solo in questo modo diviene 'spazio' di libertà... e non è un caso se nell'Evangelo Gesù di Nazaret indica proprio il 'perdere sè stessi' come cifra del 'trovare la vita'...
E proprio perchè la fede non è altra cosa dalla vita, ma di essa e in essa vive, allora essa stessa è essenzialmente 'perdita', 'lutto', 'morte'... per credere, per fidarsi dell'A/altro, è necessario abbandonare la propria immagine che si ha di L/lui, per incontrarlo veramente... anche a costo di 's-contrarsi'... è l'esperienza vissuta dai discepoli dopo la Pasqua... sono dovuti 'passare attraverso' (questo significa il termine 'Pasqua'!) il dolore dell'assenza del loro Maestro per tornare a vivere come persone rinate, capaci ora di portare con le loro vite il fremito e la passione dell'Evangelo...
Ma questo è il 'passaggio' più difficile e più faticoso che ci viene chiesto nell'esistenza... perchè perdere (qualcosa, qualcuno e, addirittura, sè stessi) è molto doloroso... ma non c'è amore autentico senza dolore... e solo così si diventa realmente 'adulti'...
Nella mia fragile esperienza di vita, segnata così spesso da bisogni infantili, da paure, delusioni e ferite che faccio fatica ad accettare, vorrei tanto imparare a compiere questo 'passaggio'... imparare ad 'abitare' le mie sconfitte, le mie perdite, i miei lutti... per perdere quell'egoistico istinto di rimanere aggrappato alle cose, e divenire finalmente libero...
...e capace di amare...

martedì 13 dicembre 2011

SECONDE LICEO - CENTOCHIODI



Trama del film Centochiodi: Un giovane ma già affermato professore dell’Università di Bologna si trova al centro di una difficile indagine. Abbandona tutto e approda sulle rive tranquille del fiume Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria. Intorno a questa nuova dimora si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d’amore tra il professore e gli abitanti del posto. In una sorta di intesa spontanea con l’istante in cui si vivono tutte le possibili realtà.

USCITA CINEMA: 30/03/2007
REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
ATTORI: Raz Degan, Luna Bendandi, Amina Syed, Michele Zattara, Damiano Scaini, Franco Andreani

FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
MONTAGGIO: Paolo Cottignola
MUSICHE: Fabio Vacchi
PRODUZIONE: Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: Mikado Film
PAESE: Italia 2007
GENERE: Drammatico
DURATA: 92 Min
LA VICENDA: Un giovane professore dell'Università di Bologna si trova al centro di una difficile indagine.
Abbandona tutto e approda sulle rive tranquille del fiume Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria
Lì intorno nascono e si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d'amore tra il professore e gli abitanti del posto. In una sorta di intesa spontanea con l'istante in cui si vivono tutte le possibili realtà.
«Racconto la vita di un uomo come noi» ci narra Ermanno Olmi, a proposito di quello che, dice, potrebbe essere il suo ultimo film, che esce il 30 marzo 2007 sugli schermi italiani, e parla di un uomo che, secondo il regista dell'«Albero degli zoccoli» e della «Leggenda del Santo bevitore», potrebbe essere Cristo.
Un giovane ma già affermato professore di filosofia e storia della religione dell'Università di Bologna, interpretato da Raz Degan, svolge le sue ricerche in un'antica biblioteca colma di preziosi manoscritti e testi teologici. Un giorno questi manoscritti vengono trovati sparpagliati per terra, sulle pareti e sui tavoli della biblioteca trafitti da lunghi chiodi: il professore ha abbandonato i suoi studi e se n'è andato.
È partito per ricominciare una nuova vita sulle rive tranquille del Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria. Intorno a questa nuova dimora si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d'amore tra il professore e gli abitanti del posto: barcaioli, contadini, commesse, gente semplice che riconosce in lui, oltre che un amico, una guida.
Olmi ha dichiarato da tempo che questo sarebbe stato il suo ultimo film narrativo e che avrebbe continuato a fare documentari come agli inizi della sua carriera:
«Una scelta presa in serenità, senza motivazioni roboanti né ancor meno con doloroso distacco. Assolutamente non patetico.
Un atto naturale: la conseguenza di una mia trasformazione guadagnata con gli anni vissuti e che ora mi orienta verso altri scopi del vivere, in questo mio prezioso tempo che è l'età avanzata.
Ho passato una vita a raccontare storie con il cinema, ho fatto agire e parlare cose e personaggi secondo la mia immaginazione e la mia volontà. Sempre cercando di essere leale con i miei interlocutori. Un patto che non ho mai tradito, sia quando un film mi veniva bene, sia quando il risultato non era al meglio».

Ma ora, con la consapevolezza di fare il suo ultimo film che dovrebbe riassumere il senso di tutta la sua esistenza, il regista dice di essersi posto la domanda fondamentale:
«Cosa racconto? Di cosa parlo? Soprattutto, di chi parlo?».
E si è chiesto quali siano stati i Grandi della Storia che hanno segnato la sua vita, quelli da additare come esempio assoluto di umanità cui poterci riferire nei momenti bui per trovare sostegno e speranza.
La sua riposta a questa domanda è stata «il Cristo». Il Cristo
«uomo, uno come noi, che possiamo ancora incontrare in un qualsiasi giorno della nostra esistenza: in qualsiasi tempo e luogo. Il Cristo delle strade, non l'idolo degli altari e degli incensi. E neppure quello dei libri, quando libri e altari diventano comoda formalità, ipocrita convenienza o addirittura pretesto di sopraffazione».
Dunque, quel professore di filosofia che lascia tutto e va a vivere come un eremita rappresenta il Cristo o meglio, come ha scritto Claudio Magris dopo aver visto il film, «uno degli uomini (forse anche molti, sconosciuti e ignoti) che possono diventare Cristo... nei quali il sacro si può incarnare come è avvenuto una volta in Galilea».
Insomma il regista, che col senso del sacro ha sempre avuto grande dimestichezza, sembra aver voluto raccontare ancora una volta un Vangelo dell'esistenza quotidiana. Un Vangelo libero dai mille condizionamenti di quei testi che il protagonista del suo ultimo film ha lasciato nella venerabile biblioteca, trafitti da i cento chiodi che danno il titolo all'opera del regista bergamasco.
(cfr. Marco Vitali, 12 marzo 2007, nel sito: http://espresso.repubblica.it/)
 
Alcune frasi dal film:
"La verità è che la religione non salva il mondo. Non ne fa un luogo migliore"
"C'è più verità in una carezza che in tutte le pagine di questi libri"
"Dio non parla coi libri. I libri servono qualsiasi padrone e qualsiasi dio"
"Nel giorno del giudizio sarà Lui [Dio] a dover rendere conto di tutta la sofferenza del mondo"
"Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico"

domenica 4 dicembre 2011

TERZE LICEO - Viaggio in Inghilterra (Shadowlands)


Lo scrittore e docente universitario ad Oxford, Jack S. Lewis, tiene le sue affollatissime lezioni e conferenze con grande successo e distaccata professionalità, circondato dall'ammirazione di studenti e pubblico (in particolare femminile adulto) e dalla stima dei colleghi scapoli come lui. Proprio dall'estero, a interrompere la tranquilla metodicità del suo quotidiano privato, condiviso con l'altrettanto metodico e discreto fratello Warnie, lui pure scapolo, accuditi ambedue da una massiccia e sbrigativa governante, gli arriva la richiesta di un colloquio dalla scrittrice e poetessa americana Joy Gresham. Lewis rimane colpito dalla personalità disinvolta e anticonformista della giovane donna. Quando questa gli chiede un secondo incontro insieme al giovane figlio Douglas che, lettore assiduo dei libri di Lewis per l'infanzia, desidera conoscere l'autore, lo scrittore la invita senz'altro a trascorrere col figlio nella propria abitazione il periodo natalizio. Joy si rivela conoscitrice degli scritti di Lewis, che cita con incredibile naturalezza ma arriva pure a confidargli le proprie disavventure coniugali e il proposito di trasferirsi in Inghilterra, chiedendogli per questo un aiuto rischioso: fingere un matrimonio "tecnico", che le consenta di ottenere la cittadinanza inglese e le agevolazioni che ne conseguono. Non indifferente al fascino e alla penosa situazione di Joy, dopo qualche riflessione, Lewis si presta a tale imbarazzante formalità. Solo quando Joy, presa improvvisamente da un male incurabile, viene ricoverata all'ospedale, Lewis avverte in pieno quanto sia diventata importante per lui e decide di sposarla realmente con rito religioso, all'interno dello stesso ospedale. Durante una breve tregua dell'inesorabile male, i due trascorrono un periodo di intensa e penosa intimità, che trasformerà interiormente il compassato gentleman in un uomo nuovo, aperto alle vibrazioni e alla emozioni della più schietta umanità, sensibile agli altri e ai grandi problemi della vita.
FOTOGRAFIA: Roger Pratt
MONTAGGIO: Lesley Walker
MUSICHE: George Fenton
PRODUZIONE: RICHARD ATTENBOROUGH, BRIAN EASTMAN
DISTRIBUZIONE: LIFE INTERNATIONAL (1994) - BUENA VISTA HOME ENTERTAINMENT
PAESE: Gran Bretagna 1993
GENERE: Commedia, Drammatico
DURATA: 131 Min

SOGGETTO:tratto dal lavoro teatrale di William Nicholson che narra la vera storia d'amore tra lo scrittore Clive Staples Lewis (1898-1963) e la moglie
CRITICA:"Piacciono la ricostruzione dell'ambiente puritano di Oxford, impacciato dalla presenza illecita d'una yankee (dopo le prime nozze segrete, lei dice a lui: 'ci credono non sposati a fare cose depravate e invece siamo sposati e non facciamo niente'), i paesaggi agresti dell'Inghilterra rurale, i toni compressi d'un melodramma perverso che rimuove Eros e adula Tanathos, che scorge nella sofferenza ragione di piacere. Certo il batticuore non s'addice ad Attenborough, la commozione non infrange mai gli argini d'un civile turbamento, lo spettro dell'Ivory-cinema si leva qua e là, ma è pur vero che nei profondi occhi azzurri di Anthony Hopkins turbinano i soliti, viziosi luccichii e che nel portamento austero di Debra Winger si annida il calcolato professionismo dell'attrice di razza." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 7 novembre 1994)"Anthony Hopkins recita il personaggio magnificamente, Debra Winger è più schematica. Per il resto il film patetico e anche tedioso pare una realizzazione di routine di quella convenzione inglese che è ormai quasi un genere: vicende atroci e comportamenti impeccabili, prati verdi, le belle architetture di Oxford e i suoi interni di legno lustro, la campagna coi suoi paesaggi meravigliosi e tristi, le cerimonie scolastiche e religiose, i sardonici professori togati e gli studenti irrigiditi, sentimenti repressi e tazze di tè, bicchieri di cristallo ed esistenze disamorate, quante volte si son visti?" (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 novembre 1994)"Il film segue atmosfere e stati d'animo, si anima con il cambiare delle stagioni, con la pioggia, negli sguardi incerti, desolati, poi increduli e felici del protagonista, un uomo perennemente in ritardo con se stesso ma che fa in tempo a cambiar vita. tutto secondo gli schemi, come si conviene a un regista britannico che non è disponibile a cambiar poetica in omaggio alle mode, mantenendo un diaframma nella trasmissione emotiva delle passioni. Quindi una love story solo per adulti saggi, per cui si invitano le solite signore a preparare i fazzoletti, redatta nelle belle forme calligrafiche del cinema vecchio regime di gran pregio scenografico, dove nessun autore sbaglia ad alzare un sopracciglio." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 7 novembre 1994)

"La sofferenza è ciò che ci spinge fuori dalla stanza dei giochi"
"Pregare non cambia Dio, cambia me"
"Ti sei costruito un mondo in cui nessuno ti può scalfire... i libri non ci fanno mai soffrire"
"Leggiamo per sapere che non siamo soli"... "Si potrebbe anche dire amiamo per sapere che non siamo soli"
"Non si può restare aggrappati alle cose, bisogna lasciarle andare"
"Perchè amare se perdersi fa cos' male? Io non ho più risposte, solo la vita che ho vissuto.
  Due volte in questa vita mi è stato dato di scegliere, da bambino e da adulto. Il bambino sceglie la sicurezza, l'uomo la sofferenza.
  Il dolore di oggi fa parte della felicità di ieri, bisogna accettarlo"