PRIMO TESTO: da Bruno Forte, Confessio theologi. Ai filosofi, Ed. Cronopio, Napoli 2002 (II edizione), pag. 10-12:
"Anche per un altro motivo, però, l'altro è l'altra parte di me, che credo. Non solo perchè, come teologo, non ho la parola compiuta, esaustiva su tutto, ma anche perchè l'altro, il cosiddetto 'ateo', quando è veramente e fino in fondo tale, quando lo è cioè non per una semplice qualificazione esteriore, ma per le sofferenze di una vita che lotta con Dio senza riuscire a credere in Lui, vive in una medesima condizione di ricerca e di infinito dolore. La non credenza non è la facile avventura di un rifiuto, che nulla cambi del cuore di chi lo viva. La non credenza è passione, è sofferenza, è militanza di una vita che paga di persona l'amaro coraggio di non credere. Lo mostra il celebre aforisma 125 della Gaia Scienza, dove Nietzsche racconta dell'uomo folle che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: <<Cerco Dio! Cerco Dio!>>. E poichè proprio là si trovavano molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. <<Si è forse perduto?>> disse uno. <<Si è smarrito come un bambino?>> fece un altro. <<Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? E' emigrato?>> gridavano e ridevano in una gran confusione. L'uomo folle balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: <<Dove se n'è andato Dio?>> gridò <<ve lo voglio dire! L'abbiamo ucciso - voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini!>>. Ed è così che il folle uomo pronuncia le parole, che segnano il destino di un'epoca: <<Dio è morto... e noi lo abbiamo ucciso!>>. Ma al tempo stesso denuncia la verità del dolore infinito di non credere, il senso di abbandono, di orfananza, che ne consegue: <<Non è il nostro un eterno precipitare?... Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere le lanterne la mattina?>>. Quale pagina meglio di questa potrebbe mostrare come il non credere sia indissociabile dall'infinito dolore dell'assenza, dal senso di orfananza e d'abbandono, quale solo la morte di Dio può creare nel cuore dell'uomo, nella storia del mondo? Il non credente, come il credente, è un uomo che lotta con Dio."
SECONDO TESTO: da Duccio Demetrio, La religiosità degli increduli. Per incontrare i <<gentili>>, Ed. Messaggero, Padova 2011, pag. 146-147:
"Più volte ho cercato di lasciare aperta la mia porta, o almeno ho creduto di provarci. Nel migliore dei modi, facendo spazio all'incomprensibile. Ma Dio, colui che avrei voluto incontrare e riconoscere come tale, si è fino a oggi avvicinato alla soglia, questo sì, senza varcarla. Vivo Dio solamente come un problema insoluto, che non voglio, nè ho voluto mai districare. Non per pigrizia, nè per timore: perchè mi piace aspettare ancora in quel cortile. Alieno da ogni definitiva negazione e refrattario a cedimenti mistici, mi fa compagnia questo Ospite possibile: discreto e titubante, talvolta allarmante. A tratti loquace, più spesso silenzioso. Chi è in attesa? Lui o io? Qualche volta - spiandolo da una fessura - mi appare decisamente confuso, dinanzi all'immenso dolore e al male del mondo. E' in questi momenti che lo percepisco più accanto alla mia angoscia d'uomo"