venerdì 30 marzo 2012

TERZE LICEO - Per un'etica della relazione. Genesi 2,18-24: l' "alterità costitutiva"


> Da K. Gibran, Il Profeta:

"<<Parlaci del matrimonio, maestro!>>.
E lui rispose dicendo:
<<Siete nati insieme e insieme sarete in eterno.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
Ah, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio.

Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme
e lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi.
Amatevi l'un l'altro ma non fate dell'amore una catena:
lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento
tra i lidi delle vostre anime.

L'uno riempia il bicchiere dell'altro,
ma non bevete dalla stessa tazza.
L'uno dia il pane all'altro,
ma non mangiate dallo stesso filone.

Cantate, ballate insieme e siate gioiosi,
ma lasciate che ognuno sia solo:
anche le corde di un liuto sono sole
eppure fremono alla stessa musica.

Datevi i vostri cuori ma non per possederli
perchè solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.

State in piedi insieme, ma non troppo vicini
perchè le colonne del tempio stanno separate
e la quercia e il cipresso
non crescono l'una all'ombra dell'altro.>>"


Un testo interessante per continuare la riflessione... sull'amore, l'alterità, l'incontro...
     >da E. SALMANN, Passi e passaggi del Cristianesimo. Piccola mistagogia verso il mondo della fede, Ed. Cittadella, Assisi 2009, pag. 126-128:
       
        "Sarà sempre un Tu, una parola, un volto che si affacciano sulla scena della mia vita, qualcuno che si rivolge a me, irrompe nel mio ambito ben definito, mi assale e/o mi vuole bene. Appare come un dono, appello, turbamento... mi ruba il tempo, mi mozza il fiato, mi dona la sua presenza. Il Tu è un dono del cielo, mi conforta, mi apre nuovi orizzonti, ed è un altro che mi altera, mi oggettivizza, mi aliena da me stesso o mi promette un futuro nuovo. Donde gli viene la potenza e il diritto di intrufolarsi nelle mie vicende, perchè devo rispondergli, perchè l'ho tanto atteso e sono già apertura nei suoi confronti? Tu ti rivolgi a me, perchè io ti attraggo, incoraggio, prometto qualcosa. C'è un che, un non-so-che tra noi, una forza di attrazione reciproca, di responsabilità e corrispondenza. E, infatti, ci comprendiamo già prima delle parole che ci scambiamo; ogni dialogo si muove nell'alone di un 'noi' e vive di un anticipo di fiducia che avvolge i due interlocutori. L'in-contro è sempre l'evento di una grazia, di un 'framezzo' (in-) e di un confronto, di un faccia a faccia che implica una componente mistica (del dono, della comprensione reciproca, di sfericità) e un appello etico, è presenza e urto, un gioco serio fra promessa e responsabilità, solitudine (io devo rispondere e avere il coraggio di parlare) e comunanza. [...] Non c'è incontro senza rischio, perchè ognuno si abbandona all'altro senza che questi possa giustificare un tale salto; ci mettiamo a sua disposizione, affidiamo un pezzo della nostra identità nelle sue mani senza alcuna garanzia. L'altro può ingannarci, rispondere di no, o semplicemente risultare incapace di essere all'altezza della situazione. Ognuno deve, dunque, avventurarsi, superare la frontiera magica della sua zona di sicurezza, esporre il Santissimo della sua solitudine, correre il rischio di essere rifiutati, malintesi. Ogni incontro vive in questo ritmo tra l'abbandono, la morte e la parola e il gesto che mi risuscitano."



SECONDE LICEO - Il diavolo: mito o realtà?

> La Bestia dell'Apocalisse

            - Ap 13,1-18 -

"1 Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. 2 La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. 3 Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.
Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia 4 e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?».
5 Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6 Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. 7 Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. 8 L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato.
9 Chi ha orecchi, ascolti:
10 Colui che deve andare in prigionia,
andrà in prigionia;
colui che deve essere ucciso di spada
di spada
sia ucciso.
In questo sta la costanza e la fede dei santi.
11 Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. 12 Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. 13 Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. 14 Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. 15 Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. 16 Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; 17 e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei."


giovedì 8 marzo 2012

PRIME LICEO - Il Buddhismo

- Le Quattro Nobili Verità:
   
    Dal discorso del Parco delle Gazzelle di Varanasi/Benares (Mahavagga I,6,17-22):
   
  
Così ho udito. Una volta il Beato soggiornava a Isipatana, presso Baranasi, nel parco delle gazzelle. Qui il Beato si rivolse al gruppo dei cinque asceti mendicanti.
"O monaci, coloro che hanno abbandonato la vita non devono indulgere ai due estremi. Quali sono questi due estremi? Un estremo è il dedicarsi al godimento dei piaceri sensuali: questo comportamento è infimo, villano, ignobile e vano. L'altro estremo è il dedicarsi alla mortificazione di se stessi: questo comportamento è doloroso, ignobile e vano.

Evitando questi due estremi, o monaci, il Tathagata ha realizzato il ' sentiero di mezzo ' che produce la visione e la conoscenza, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbana.
E cos'è mai, o monaci, questo ' sentiero di mezzo ' realizzato da Tathagata che produce la visione e la conoscenza, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbana? Esso è il nobile ottuplice sentiero, ovvero la retta visione, la retta intenzione, la retta parola, la retta azione, il retto modo di vivere, il retto sforzo, la retta presenza mentale e la retta concentrazione. Questo, o monaci, è il ' sentiero di mezzo ' realizzato dal Tathagata che produce la visione e la conoscenza, e che guida alla calma, alla perfette conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbana.

Questa, o monaci, è la nobile verità del dolore (dukkha): la nascita è dolore, la vecchiezza è dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore, l'unione con ciò che è discaro è dolore, la separazione da ciò che è caro è dolore, il non ottenere ciò che si desidera è dolore. In breve, i cinque aggregati (Khandha) che rappresentano la base dell'attaccamento all'esistenza, è dolore.

Questa, o monaci, è la nobile verità dell'origine del dolore (dukkhasamudaya): l'origine del dolore s'identifica con la brama (tanha), la quale conduce a nuove esistenze, è congiunta col diletto e con la concupiscenza, e trova appagamento ora qua ora là. Esiste la brama per il godimento degli oggetti dei sensi, la brama per l'esistenza, la brama per la non - esistenza.

Questa, o monaci, è la nobile verità della cessazione del dolore (dukkhanirodha): la cessazione del dolore è l'estinzione, il completo svenimento, l'abbandono, il rifiuto di questa brama, la liberazione e il distacco da essa.

Questa, o monaci, è la nobile verità del sentiero che conduce alla cessazione del dolore (dukkhanirodhagamini patipada): esso è il nobile ottuplice sentiero, ovvero retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retto sforzo, retto modo di vivere, retta presenza mentale e retta concentrazione.

' Questo è il dolore, nobile verità ', ' il dolore, nobile verità, deve essere pienamente compreso ', ' il dolore, nobile verità, è stato pienamente compreso ': questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

' Questa è l'origine del dolore, nobile verità ', ' l'origine del dolore, nobile verità, deve essere abbandonata ', ' l'origine del dolore, nobile verità, è stata abbandonata ': questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

' Questa è la cessazione del dolore, nobile verità ', ' la cessazione del dolore, nobile verità, deve essere realizzata personalmente ', ' la cessazione del dolore, nobile verità, è stata realizzata personalmente ': questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

' Questo è il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità ', ' il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità, deve essere sviluppato e coltivato ', ' il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità, è stato sviluppato e coltivato ': questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

E, o monaci, finché questa visione cosciente delle Quattro Nobili Verità, con il suo triplice svolgimento ed i conseguenti dodici aspetti, non fu ben purificata, fino a quel momento, io non dichiarai al mondo, con i suoi deva, Mara, Brama, con le intere generazioni di asceti, di Brahmana, di esseri considerati divini e uomini, non dichiarai - dico - di aver perfettamente ottenuto il supremo e perfetto risveglio.

Ma non appena, o monaci, questa visione cosciente delle Quattro Nobili Verità, con il suo triplice svolgimento ed i conseguenti dodici aspetti, fu ben purificata, allora io dichiarai al mondo, con i suoi deva, Mara, Brama, con le intere generazioni di asceti, di Brahmana, di esseri considerati divini e uomini, dichiarai - dico - di aver perfettamente ottenuto il supremo e perfetto risveglio.

La conoscenza e la visione sorsero in me: 'la liberazione è per me inamovibile. Questa è l'ultima nascita. Ora non esiste più una nuova esistenza'.

- Il Nirvana:


“Vi è, o monaci, quella condizione ove non è né terra, né acqua, né fuoco, né
aria, ove non è né la sede dello spazio infinito né quella dell'infinita coscienza, né
quella della nullità, né quella propria a " né-coscienza-né-non-coscienza ", ove
non è né questo mondo né un mondo di là da questo, né entrambi assieme, né
luna, né sole. Da là, o monaci, io dichiaro, non si viene a nascere: ivi non si va,
[in quella condizione] non v’è permanenza, non v’è decadenza, non v’è nascita.
Non è fissa, non si muove, non è fondata su cosa alcuna.
Quella è, invero, la fine del Dolore”.

(Udana VIII,I)

Che cos'è il "Nirvana" nel Buddhismo?
    "Il termine significa 'estinzione'. Ma non è l'estinzione dell'uomo. Il Buddha non è stato un nichilista. Il solo annientamento da lui cercato è stato quello della sofferenza e delle cause che la provocano.. Questo è il nirvana. Una delle migliori definizioni antiche del nirvana è: l'estinzione della passione, dell'avversione e della confusione o smarrimento. Sono i tre peccati capitali descritti nel buddhismo delle origini. I testi pali dicono tante altre cose sul nirvana. Quando adottano il linguaggio negativo descrivono il nirvana come fine della sofferenza e del divenire, immortalità, modo di essere irremovibile, semplicità assoluta, estinzione della vanità, del pensiero e della brama, scioglimento da ogni attaccamento o desiderio, un modo di essere senza fine. Nel linguaggio positivo il nirvana è perfetta salute, massima sicurezza, libertà da ogni legame, un'isola di rifugio nel flusso del samsara, soddisfazione perfetta, pace, felicità.
    La mente umana e il linguaggio non riescono a descrivere adeguatamente il nirvana, perchè è una realtà che trascende ogni concezione e definizione. Questo è il motivo per cui del Buddha, colui che è salvato e liberato,non si può dire che, dopo la morte, è, nè che non è, nè che è e non è, nè che non è ed è. Il nirvana, anche se può essere raggiunto in questa vita, rimane inconcepibile dalla mente umana."
           (da G. Favaro, Il dialogo interreligioso, Ed. Queriniana, Brescia 2002, pag. 284-285)

- La Ruota dell'Esistenza (Bhavacakra):

PRIME LICEO - Il Confucianesimo


> La virtù "ren":

   "Essere capaci di realizzare cinque cose nel mondo è ren: il rispetto di sè, la magnanimità, la lealtà, la fedeltà, il fare il bene agli altri."

> La "regola aurea"

   "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te"

(cfr. Mt 7,12)

SECONDE LICEO - Il peccato originale e la grazia

Sul peccato originale:

- San Paolo nella Lettera ai Romani descrive l'esperienza secondo cui noi spesso vediamo il bene che dovremmo fare, eppure facciamo il male che non vorremmo:
     Rm 7, 15-21:
    "15 Perché io non approvo quello che faccio; poiché non faccio quel che voglio, ma faccio quello che odio. 16 Ora, se faccio quello che non voglio, io ammetto che la legge è buona; 17 e allora non son più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 18 Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no. 19 Perché il bene che voglio, non lo fo; ma il male che non voglio, quello fo. 20 Ora, se ciò che non voglio è quello che fo, non son più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. 21 Io mi trovo dunque sotto questa legge: che volendo io fare il bene, il male si trova in me."

- Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona, fa la distinzione tra 'libertas' (capacità di scegliere tra bene e male e di compiere il bene) e 'liberum arbitrium' (capacità di scegliere tra bene e male) e afferma che dopo il peccato originale l'uomo ha perso la 'libertas', ma non il 'liberum arbitrium'. L'uomo ha, pertanto, ancora la capacità di scegliere tra bene e male, ma per poter compiere il bene ora ha bisogno necessariamente della grazia di Dio.
      "Confessioni", Libro Secondo, Capitolo IV:
      "La legge tua, Signore, punisce, senza discussione, il furto: lo punisce anche la legge scritta nel cuore degli uomini che nemmeno l'iniquità cancella: nessun ladro infatti sopporta con indifferenza di essere derubato: neanche il ricco da chi è spinto dal bisogno. Ebbene, io volli commettere un furto, e lo feci non costretto da indigenza, ma da mancanza e da intolleranza del senso di giustizia, dall'esuberanza del malvolere. Ciò che rubai, io lo avevo largamente, di qualità molto migliore; nè volevo godere di quello a cui tendeva il furto, ma proprio del furto e del peccato. Contiguo al nostro podere era un pero carico di frutti, non allettanti affatto nè per bellezza nè per sapore. Dopo aver protratto il gioco, secondo la nostra pessima usanza, fino a tarda ora nelle piazze, nel cuor della notte la triste combriccola di noi ragazzacci si recò a scuotere quell'albero e a depredarlo: e ne portammo via un gran carico, non per mangiare a sazietà, se pure ne assaggiammo, ma per darne in pasto persino ai maiali: nostro unico piacere fu quello di fare ciò che non era lecito, perchè ciò ci piaceva.
      "Contra duas epistolas Pelagianorum", I, 2,5:
      "Chi di noi, d'altronde, oserebbe affermare che, per il peccato del primo uomo, il libero arbitrio è scomparso dal genere umano? E' vero che la libertà è perita per il peccato, ma soltanto quella che esisteva in paradiso, e cioè quella di possedere, con l'immortalità, la pienezza della giustizia"
      "De natura et gratia", 66,79:
      "Perciò la natura umana ha bisogno della grazia divina. [...] ...pertanto con l'aiuto della grazia per Gesù Cristo nostro Signore otterremo due risultati: e sarà rimossa la malvagia necessità e sarà concessa la completa libertà." 

      > "Canone 2 (sul battesimo dei bambini" del Concilio di Cartagine (418):
         " Chiunque nega che si debbano battezzare i bambini in tempo attiguo al parto, o dice che essi vengono sì battezzati per la remissione dei peccati, ma non si traggono affatto dietro da Adamo il peccato originale che viene espiato dal lavacro della rigenerazione, da cui consegue che nel loro caso la forma del battesimo 'in remissione dei peccati' viene compresa non come vera, ma come falsa, sia anàtema." 

Sulla giustificazione del peccatore e la grazia di Dio:

- Martin Lutero (1483-1546) nel 1532 racconta con queste parole "l'esperienza della torre" che egli ha avuto nel castello di Wartburg tra la fine del 1512 e l'inizio del 1514, nella quale egli fece la grande scoperta della 'giustificazione del peccatore' e della grazia di Dio:
       "Le parole 'giusto' e 'giustizia di Dio' ebbero sulla mia coscienza l'effetto di un fulmine; quando le ascoltavo, mi atterrivo: se Dio è giusto, allora deve punire. Ma quando una volta meditai, in quella stanza della torre, sulle parole <<Il giusto vivrà in forza della fede>> (Rm 1,17) e <<giustizia di Dio>>, pensai immediatamente: se dobbiamo vivere come giusti secondo la fede e se la giustizia di Dio deve risolversi nella salvezza di ogni credente, allora non sarà per merito nostro, ma per la misericordia di Dio. Così il mio spirito fu rinfrancato, poichè la giustizia di Dio consiste nel ricevere la giustificazione ed essere redenti tramite Cristo. Ora quelle parole si sono trasformate per me in dolci parole. In questa torre lo Spirito Santo mi ha fatto comprendere il senso della Scrittura."

- Il Concilio di Trento (1545-1563) risponde a Lutero con il Decreto sulla giustificazione (Sessione VI - 13 gennaio 1547), nel quale si afferma che tale giustificazione non è forense (nella quale, cioè, il peccatore viene 'dichiarato' giusto da Dio, ma l'uomo rimane dopo di essa 'simul iustus et peccator'), ma effettiva (in quanto tale giustificazione trasforma la natura dell'uomo e la santifica). La giustificazione - secondo Trento - non 'dichiara' l'uomo giusto, ma lo 'fa' giusto:
       "Unica formalis causa est iustitia Dei,
         non qua ipse iustus est,
         sed qua nos iustos facit"
      ["Unica causa formale (della giustificazione) è la giustizia di Dio,
         non quella per cui egli stesso è giusto,
         ma quella per cui ci rende giusti"]

venerdì 2 marzo 2012

PRIME LICEO - Un confronto tra il Taoismo e il pensiero di Eraclito di Efeso

- Dal Tao te ching [Il Libro della Via e della Virtù], cap. I (Ed. Adelphi, Milano  2010, X ed., pag. 27):

     "La Via veramente Via non è una via costante. [...]
      ...è grazie al costante alternarsi del Non-essere e dell'Essere che si vedranno dell'uno
     il prodigio, dell'altro i confini."

Secondo il testo fondamentale del Taoismo (VI sec. a.C.), dunque, la Via (Tao) è la perpetua mutevolezza stessa. L'Essere e il Non-Essere, la vita e la morte si alternano costantemente.

- Da Eraclito di Efeso, Frammento 11:

   "Ciò che si oppone converge,
     e dai discordanti bellissima armonia"

Per Eraclito di Efeso (vissuto tra il VI e il V sec. a.C.) lo scorrere perpetuo delle cose e il divenire universale si rivelano come armonia dei contrari. Questa "armonia" e "unità degli opposti" è "il principio" (l'archè) [in questo senso possiamo qui riconoscere una sorprendente somiglianza tra il concetto di archè nei Presocratici e quello di Tao nel Taoismo!!!].
La legge segreta del mondo risiede nella stretta connessione dei contrari che, in quanto opposti, lottano tra loro, ma nello stesso tempo non possono stare l'uno senza l'altro [proprio come nell'opposizione-armonia tra Yin e Yang!!!].