> Da K. Gibran, Il Profeta:
"<<Parlaci del matrimonio, maestro!>>.
E lui rispose dicendo:
<<Siete nati insieme e insieme sarete in eterno.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
Ah, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio.
Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme
e lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi.
Amatevi l'un l'altro ma non fate dell'amore una catena:
lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento
tra i lidi delle vostre anime.
L'uno riempia il bicchiere dell'altro,
ma non bevete dalla stessa tazza.
L'uno dia il pane all'altro,
ma non mangiate dallo stesso filone.
Cantate, ballate insieme e siate gioiosi,
ma lasciate che ognuno sia solo:
anche le corde di un liuto sono sole
eppure fremono alla stessa musica.
Datevi i vostri cuori ma non per possederli
perchè solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
State in piedi insieme, ma non troppo vicini
perchè le colonne del tempio stanno separate
e la quercia e il cipresso
non crescono l'una all'ombra dell'altro.>>"
Un testo interessante per continuare la riflessione... sull'amore, l'alterità, l'incontro...
>da E. SALMANN, Passi e passaggi del Cristianesimo. Piccola mistagogia verso il mondo della fede, Ed. Cittadella, Assisi 2009, pag. 126-128:
"Sarà sempre un Tu, una parola, un volto che si affacciano sulla scena della mia vita, qualcuno che si rivolge a me, irrompe nel mio ambito ben definito, mi assale e/o mi vuole bene. Appare come un dono, appello, turbamento... mi ruba il tempo, mi mozza il fiato, mi dona la sua presenza. Il Tu è un dono del cielo, mi conforta, mi apre nuovi orizzonti, ed è un altro che mi altera, mi oggettivizza, mi aliena da me stesso o mi promette un futuro nuovo. Donde gli viene la potenza e il diritto di intrufolarsi nelle mie vicende, perchè devo rispondergli, perchè l'ho tanto atteso e sono già apertura nei suoi confronti? Tu ti rivolgi a me, perchè io ti attraggo, incoraggio, prometto qualcosa. C'è un che, un non-so-che tra noi, una forza di attrazione reciproca, di responsabilità e corrispondenza. E, infatti, ci comprendiamo già prima delle parole che ci scambiamo; ogni dialogo si muove nell'alone di un 'noi' e vive di un anticipo di fiducia che avvolge i due interlocutori. L'in-contro è sempre l'evento di una grazia, di un 'framezzo' (in-) e di un confronto, di un faccia a faccia che implica una componente mistica (del dono, della comprensione reciproca, di sfericità) e un appello etico, è presenza e urto, un gioco serio fra promessa e responsabilità, solitudine (io devo rispondere e avere il coraggio di parlare) e comunanza. [...] Non c'è incontro senza rischio, perchè ognuno si abbandona all'altro senza che questi possa giustificare un tale salto; ci mettiamo a sua disposizione, affidiamo un pezzo della nostra identità nelle sue mani senza alcuna garanzia. L'altro può ingannarci, rispondere di no, o semplicemente risultare incapace di essere all'altezza della situazione. Ognuno deve, dunque, avventurarsi, superare la frontiera magica della sua zona di sicurezza, esporre il Santissimo della sua solitudine, correre il rischio di essere rifiutati, malintesi. Ogni incontro vive in questo ritmo tra l'abbandono, la morte e la parola e il gesto che mi risuscitano."