mercoledì 23 novembre 2011

PRIME LICEO - L'Ebraismo

SULL'EBRAISMO COME CONCETTO ETNICO:
Da Dan Cohn-Sherbok e Lavinia Cohn-Sherbok, Breve storia dell'ebraismo, Ed. Il Mulino, Bologna 2001, pag. 7:

  "Una persona è ebrea se di madre ebrea. Pur essendo possibile convertirsi all'ebraismo, l'ebraicità non è innanzi tutto una questione di credo: è del tutto possibile essere un ebreo cristiano o un ebreo musulmano. Il criterio decisivo è la discendenza biologica più che la convinzione religiosa. L'ebraicità passa di madre in figlio attraverso le generazioni e, con poche eccezioni, ebrei si nasce e non si diventa."

SUL SIGNIFICATO DEL GIORNO DI SHABBAT:
Da Daniel Taub, ABC per conoscere l'Ebraismo, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2008, pag. 21-22:

  "La Torah comanda agli Ebrei di non compiere alcun tipo di lavoro durante il giorno di Shabbat, senza però spiegare che cosa essa intende per 'lavoro'. I rabbini, notando che il termine 'lavoro' è usato nella Bibbia per descrivere diverse attività necessarie alla costruzione della 'tenda-tabernacolo' nel deserto, hanno stabilito 39 tipi di attività dalle quali gli Ebrei devono astenersi: queste includono molti lavori poco comuni alla maggior parte degli Ebrei contemporanei come la mietitura, la tintura, la tosatura delle pecore e così via. Oggi le principali attività proibite sono: viaggiare, fare shopping, cucinare e scrivere. Gli Ebrei ortodossi non usano neppure l'elettricità durante il giorno di Shabbat e quindi trascorrono un giorno della settimana senza televisione, telefono o internet. Per gli elettrodomestici di base e l'elettricità, molte famiglie di Ebrei ortodossi hanno installato timer automatici. Ovviamente, queste proibizioni possono, anzi devono, essere violate, se c'è pericolo di vita. A un estraneo, il giorno di Shabbat può apparire come un insieme di proibizioni restrittive, ma quasi tutti gli Ebrei che le osservano insistono nell'affermare che è una delle esperienze più ristoratrici e liberatorie. Il fatto di non lavorare, non rispondere al telefono o alle mail, rende ogni Ebreo libero di concentrarsi sulla propria vita interiore. Il sabato è un giorno dedito alla contemplazione, all'ospitalità degli amici, allo svago con i propri figli. Nella vita moderna è facile dimenticare questi semplici piaceri. Il giorno di Shabbat aiuta i fedeli a riscoprire se stessi, creando quella che il rabbino Abraham Joshua Heschel ha chiamato <<un'isola del tempo>>."

DAL TALMUD:

"State molto attenti a far piangere una donna,
 che poi Dio conta le sue lacrime!
 La donna è uscita dalla costola dell'uomo,
 non dai piedi perchè dovesse essere pestata,
 non dalla testa per essere superiore,
 ma dal fianco per essere uguale...
 un po' più in basso del braccio per essere protetta,
 e dal lato del cuore per essere amata..."

sabato 5 novembre 2011

TERZE LICEO - L' "idiozia" della Croce


Da S. Fausti, L'Idiozia. Debolezza di Dio e salvezza dell'uomo, Ed. Ancora, Milano 1999, pag. 14-15:

  "Paolo parla di un Dio crocifisso, che è stupidità per i sapienti del mondo e debolezza per i pii di ogni religione (cf 1 Cor 1,23). Il paradosso del cristianesimo è non solo proporre un Dio stupido e debole, ma - doppio paradosso - pretendere che la sua stupidità convinca d'insipienza i sapienti e che la sua debolezza distrugga i potenti. Il pensiero stupido e debole è da sempre sua sapienza e forza!
  Partendo dalla croce, il cristianesimo vuol dire qualcosa che salva insieme Dio e l'uomo, sua immagine. La 'parola della croce' rivela un assurdo al quale il nostro orecchio è sordo (ab-surdo), e che mai entrò in cuore d'uomo; ma è proprio quanto Dio nel suo amore ha preparato per noi (cf 1 Cor 2,9).
  Come può un Dio crocifisso offrirci quella vita nuova che cerchiamo? Come può salvare il mondo dal nulla al quale l'ha destinato il sapere e il potere violento dell'uomo...? [...]
  La croce è l'enigma con cui Dio risponde all'enigma dell'uomo. Un Dio crocifisso non corrisponde a nessuna concezione religiosa o atea. E' una rappresentazione 'oscena', fuori della scena del nostro immaginario: è <<la distanza infinita che Dio ha posto tra sè e l'idolo>>"

Da C. Duquoc, Gesù, uomo libero. Lineamenti di cristologia, Ed. Queriniana, Brescia 2007 (quarta edizione), pag. 117-118:

 "Il perdono di Gesù libera dall'odio.
  La parola perdono rischia di introdurre delle immagini che ne snaturano il significato e che limitano il gesto di Gesù. Con questo termine, infatti, non intendo nè la dimenticanza, nè l'indifferenza, nè l'ingenuità. Con la dimenticanza si chiudono gli occhi perchè non si può fare altrimenti e si vuole, soprattutto, stare in pace; la dimenticanza è un gesto di debolezza, il rifiuto dello scontro. L'indifferenza, a sua volta, è una fuga davanti alla realtà. Mancando di convinzioni, ciascuno fa ciò che vuole; in realtà essa significa che non esiste nessun legame concreto, quindi nessuna minaccia precisa. E nemmeno l'ingenuità, pronta a credere tutto e, conseguentemente, a tutto cancellare.
  Il perdono è un gesto pieno di rischi, è il gesto dei forti: è presente dove qualcuno minaccia effettivamente un'altra esistenza... Non è nè la dimenticanza, nè l'indifferenza, nè l'ingenuità. E' un gesto di lucidità... il suo gesto ha come finalità di spezzare l'incantesimo del male, di far saltare la 'chiusura' su se stesso di chi fa il male, di rompere questo cerchio magico in cui nessuna comunicazione reale è possibile. [...] Il perdono è un gesto di libertà... Crea un'altra possibilità, quella della conversione. E' un appello a che il male non abbia l'ultima parola. Il perdono è un gesto creatore: se chi opera il male lo accetta, esso gli riapre in modo positivo le relazioni sociali."

NB. Per un approfondimento filosofico sul tema del "PERDONO" si veda P. Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare. L'enigma del passato, Ed. Il Mulino, Bologna 2004.